• 14/12/2021
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COS’È L’INFORTUNIO IN ITINERE

Spostarsi per andare a lavorare: una necessità che può rappresentare un pericolo. Gli infortuni in itinere, infatti, sono una triste realtà. A dirlo sono gli stessi dati dell’Inail. In Italia, nei primi otto mesi del 2021 si è registrato un aumento dei casi del 20,6%, pari a 45.821 (erano 38.001 nello stesso periodo dello scorso anno), mentre i decessi sono passati da 138 a 152 (+10,1%).

Ma cosa significa “infortunio in itinere”? Con questa espressione si fa riferimento agli incidenti stradali che accadono:

  • lungo il normale tragitto di andata e ritorno tra la propria abitazione e il luogo di lavoro;
  • nel tratto fra due luoghi di lavoro, nel caso di rapporti professionali con più datori di lavoro;
  • tra il luogo di lavoro e quello di abituale consumazione dei pasti, in assenza della mensa aziendale.

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I MEZZI UTILIZZATI PER LO SPOSTAMENTO

Il lavoratore può decidere di recarsi al lavoro con i mezzi più disparati: con la propria auto, con i mezzi pubblici, a piedi o in bicicletta. L’utilizzo, però, deve essere sempre necessitato affinché, in caso di evento avverso, possa scattare la tutela dell’Inail.

Nello specifico, è contemplato lo spostamento con il veicolo privato (es. auto o scooter) se:

  • è fornito o prescritto dal datore di lavoro per esigenze lavorative;
  • i mezzi pubblici non permettono di raggiungere il luogo di lavoro, obbligano ad attese troppo lunghe oppure la fermata più vicina è eccessivamente lontana.

Ne consegue che, se si predilige lo spostamento a piedi, in bicicletta o con mezzi pubblici, devono essere ravvisabili le finalità lavorative, la compatibilità degli orari e la normalità del tragitto.

IL NORMALE PERCORSO E LE DEVIAZIONI

Cosa si intende per “normale percorso”? Quello più breve e diretto. Quello compiuto normalmente o abitualmente.

Le deviazioni sono concesse solo per necessità particolari, ossia per:

  • una direttiva del datore di lavoro;
  • causa di forza maggiore (es. lavori in corso o guasto meccanico del veicolo);
  • esigenze essenziali e improrogabili (es. bisogni fisiologici);
  • adempiere ad obblighi di rilievo penale (es. prestare soccorso alle vittime di un incidente stradale);
  • esigenze costituzionalmente rimarchevoli (es. accompagnare i figli a scuola);
  • soste brevi che non inficiano sulle condizioni di rischio.

Tali circostanze, quindi, possono configurare l’eventuale incidente avvenuto in itinere. Viceversa, se il lavoratore sceglie deliberatamente di effettuare tragitti diversi, per motivi non riconducibili alla normale attività (rischio elettivo), non ha diritto ad essere risarcito.

Va ricordato che non sono indennizzabili neppure gli infortuni causati da:

  • abuso di alcol e psicofarmaci;
  • uso non terapeutico di stupefacenti e allucinogeni;
  • guida senza patente;
  • violazione del Codice della strada.

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I CASI PARTICOLARI

Come ripetiamo spesso, ogni situazione va valutata singolarmente per comprenderne le motivazioni alla base e le conseguenze immediate e dirette. La giurisprudenza detta sì delle norme, ma è altrettanto vero che periodicamente è chiamata a pronunciarsi in risposta alle cause o ai ricorsi presentati.

Qui vogliamo richiamare solo qualche aspetto.

  • La mensa: se il lavoratore sceglie di non usufruire di questo servizio, sebbene sia presente in azienda, e di recarsi invece al bar o al ristorante, la responsabilità di un eventuale infortunio in itinere ricade sul lavoratore. Se, al contrario, rientra a casa perché è costretto a seguire una dieta necessaria a preservare il suo stato di salute, allora ha diritto a vedersi tutelato.
  • La sostenibilità: la legge stabilisce che l’uso della bicicletta è sempre necessitato per motivi di lavoro, anche per gli effetti positivi che questo tipo di mobilità dolce ha sull’ambiente.
  • Accompagnare a casa un collega: la scorsa estate la Cassazione ha ribadito che si tratta di un “rischio elettivo”, per cui ci si espone volontariamente a dei pericoli. Ragioni di cortesia e amicizia non sono ammesse.

DALLA COMUNICAZIONE DELL’INFORTUNIO ALL’INDENNIZZO

L’infortunio in itinere deve essere comunicato immediatamente al datore di lavoro, anche in caso di lesioni di lieve entità.

In base alla gravità, il lavoratore può:

  • rivolgersi al medico dell’azienda (se presente);
  • recarsi o farsi accompagnare al Pronto Soccorso dell’ospedale più vicino;
  • rivolgersi al proprio medico curante.

Il medico è tenuto a rilasciare un certificato sia al lavoratore sia (in via telematica) all’Inail. Analoga denuncia di infortunio deve essere trasmessa all’Istituto anche dal datore di lavoro.

Quale sarà il trattamento economico successivo?

Dal datore di lavoro il lavoratore percepirà:

  • il 100% della retribuzione per il giorno in cui si è verificato l’infortunio;
  • il 60% della retribuzione per i tre giorni successivi, (periodo di carenza).

Dal quarto giorno scatta invece l’indennità Inail che è pari al:

  • 60% della retribuzione media giornaliera fino al 90° giorno di assenza;
  • 75% della retribuzione media giornaliera per i giorni successivi e sino alla guarigione.

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IL DANNO DIFFERENZIALE PER L’INFORTUNIO IN ITINERE

Ottenuto l’indennizzo, la questione può dirsi conclusa? Non necessariamente. Il lavoratore, infatti, può richiedere il risarcimento del danno differenziale, ossia di quelle voci risarcibili non dall’Inail ma dal datore di lavoro, chiamato per legge a tutelare la salute del proprio dipendente.

“I danni risarcibili possono essere di tipo biologico, patrimoniale, morale ed esistenziale, solo per citarne alcuni – spiega Carlo Quipotti di Infortunistica Soluzioni –. Stabilirne la reale portata è davvero delicato. Non basta fare riferimento alle apposite tabelle, ma occorre studiare i dettagli caso per caso. L’iter può essere molto complesso, ma non per questo bisogna demordere. Chi come noi offre anche assistenza legale sa consigliare la strada più opportuna da intraprendere e indicare se vi sia margine per far ottenere alla persona il massimo risarcimento possibile”.

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